Fino al 25 settembre il Castello Sforzesco di Milano mette in mostra il genio rinascimentale di Bartolomeo Suardi, in arte Bramantino. L’occasione è ghiotta per riscoprire la personalità di questo artista milanese, il cui nome da sempre evoca la sua stretta collaborazione con il maestro marchigiano Donato Bramante.
La parabola artistica di Bramantino viene riletta non a caso al Castello Sforzesco di Milano, visto che è proprio qui che si conservano importanti lavori dell’artista: nella Sala del Tesoro domina l’Argo, il grande affresco realizzato intorno al 1490 (probabilmente in collaborazione col Bramante); nella soprastante Sala della Balla sfilano gli straordinari dodici arazzi dedicati ai mesi dell’anno, commissionatigli da Giangiacomo Trivulzio tra il 1501 e il 1504, acquisiti dal Comune nel 1935.
L’esposizione, curata da Giovanni Agosti, Jacopo Stoppa e Marco Tanzi, propone e riunisce in ordine cronologico le opere del Bramantino presenti in città. Dunque per la prima volta vengono riunite tutte le opere milanesi dell’artista, una ventina di dipinti su tavola e su tela, e disegni dalla giovanile “Adorazione del Bambino” della Pinacoteca Ambrosiana al “San Sebastiano” di una raccolta privata, dal “Noli me tangere” delle Civiche Raccolte d’Arte Antica alla “Madonna con il Bambino e angeli” della Pinacoteca di Brera.
Il Bramantino è considerato uno dei più importanti pittori del suo tempo. Significativo quanto dice di lui il curatore della mostra Agosti: “Bramantino è l’unico lombardo in grado di stare a fronte di Leonardo, di chinarsi sul Cenacolo senza esserne travolto”. La mostra è la prima (e non l’unica) ad essere autoprodotta dopo 20 anni dal Comune di Milano, che permette al pubblico di visitarla gratutitamente.
